a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

sabato 19 aprile 2014

Davanti a un centinaio di sindaci i vagiti della Città metropolitana di Bologna

Seminario con Merola e Manca per avviare il percorso: "Distribuiremo potere attraverso le deleghe alle Unione dei Comuni"

pubblicato su Il Resto del Carlino online

Imola, 17 aprile 2014 - Appuntamento al primo gennaio, quando il sindaco di Bologna si insedierà a capo della Città metropolitana. Per una prima discussione sulle tappe che portano al decollo del nuovo ente, Virginio Merola ha partecipato ieri al seminario organizzato assieme al suo collega imolese: nella Imola di Daniele Manca e con un parterre di un centinaio di amministratori.

«Abbiamo la volontà di rispettare i tempi del percorso, ce la metteremo tutta», dice Merola. E fissa l’agenda: «Uno dei primi temi da affrontare sarà l’elezione della Conferenza che dovrà elaborare la proposta di Statuto della Città metropolitana. Dovremo farlo in modo condiviso, per questo convocherò un’assemblea dei sindaci per attivare subito un gruppo di lavoro tecnico per istruire i contenuti dello Statuto e affrontare i problemi relativi a funzioni e attribuzioni della nuova istituzione».

Daniele Manca si sente a un passo dal risultato. Lui che presiede l’Anci regionale e predica da tempo una riforma della pubblica amministrazione. «La Città metropolitana è una nuova opportunità per gli enti locali — osserva —. Siamo di fronte a un cambiamento strutturale dell’articolazione dello Stato, quindi a qualcosa di ben diverso rispetto all’idea di Città metropolitana di vent’anni fa. L’obiettivo dell’intera riforma, che tocca anche il superamento del bicameralismo, è quello di semplificare, di ridurre i livelli di governo e di evitare conflittualità e duplicazioni di competenze, per recuperare competitività e far sì che la pubblica amministrazione non sia più un freno, ma un partner per lo sviluppo».

Merola e Manca: i grandi sostenitori della Città metropolitana come ente di secondo grado. Ma sul modello non è un plebiscito. La questione dell’elezione diretta del sindaco è stata sollevata al seminario da Marco Macciantelli, sindaco uscente di San Lazzaro e responsabile per gli Enti locali del Pd emiliano romagnolo. «Senza l’ente di secondo grado non si parte — ragiona —. Ma senza mettere subito nello Statuto l’opportunità dell’elezione diretta, si rischia di inibirsi una parte del cammino possibile. E’ da valutare non solo dal punto di vista dello scorporo di Bologna e del referendum nel territorio provinciale, ma soprattutto dopo una fase di rodaggio del nuovo sistema». Merola e Manca insistono: «La sola soluzione è l’ente di secondo grado guidato dai primi cittadini». E il sindaco metropolitano in pectore assicura la volontà di «distribuire potere attraverso le deleghe alle Unioni dei Comuni».

Piovono critiche dal centrodestra. «Imola diventerà un sobborgo di Bologna – accusa Simone Carapia (Fi) —. Merola e Manca si sono accordati per spartirsi le cariche in un ente di secondo grado che soppianta la democrazia».
li. go.

lunedì 14 aprile 2014

Province, addio entro l'anno

Le tappe della riforma che dal 7 aprile è diventata legge dello Stato. Entro il 7 luglio occorre che Stato e Regioni individuino le ulteriori nuove funzioni dei nuovi Enti, Province e Città Metropolitane.

Città metropolitane, l'ostacolo dell'Ires

Diversamente dalle province, le Città Metropolitane non potranno beneficiare dell'esenzione dall'Ires nel caso possiedano attività commerciali.

Province: duemila aziende, zero acquirenti

Le amministrazioni provinciali hanno quote azionarie di moltissime aziende, ma una su tre è in rosso. Saitta: ora aggregazioni.

domenica 13 aprile 2014

Città metropolitana, la sfida di Vitali "Si sciolga il Comune"

Walter Vitali, ex sindaco di Bologna, è stato uno dei principali artefici della creazione del nuovo ente, che sostituirà la Provincia. E spiega che a questo punto il passaggio delle consegne dev'essere completo.

di Eleonora Capelli - pubblicato su La Repubblica - ed. di Bologna il 06 Aprile 2014

«ESISTONO solo due modelli di città metropolitana. Quello applicato ad esempio a Parigi, Londra e Bruxelles, dove il Comune principale è scorporato in municipi, e il sindaco guida tutta l’area vasta, grande come la nostra provincia. Oppure quello della “communauté urbaine”, che è un ente di secondo livello, in cui tutti i comuni riconoscono un “coordinamento”. Anche qui da noi la città metropolitana può funzionare, ma i Comuni devono “cedere” delle funzioni, dal basso, e la Regione deve fare la stessa cosa dall’alto.

Mentre a palazzo Malvezzi si discute sul destino della Provincia che fino alla fine del 2014 continuerà a essere retta, sia pure senza stipendio, dalla presidente Beatrice Draghetti e da alcuni suoi assessori, in città c’è già chi progetta l’istituzione del futuro e chiama 300 cittadini a “votarla” sabato prossimo a Palazzo del Podestà.

L’ex sindaco Walter Vitali, che propose la città metropolitana in maniera “pionieristica”, e da senatore ha seguito l’iter di tanti progetti di legge, ora finalmente intravede il traguardo e spiega come vorrebbe realizzare la “grande Bologna”.

Qual è il suo giudizio sulla legge votata in parlamento?


«È tutto sommato positivo, anche perché l’iter parlamentare l’ha migliorata. Nella fase che si apre ora, si definirà lo statuto del nuovo ente, e grazie a questo strumento si può disegnare un’istituzione a misura di territorio».

Per una città metropolitana in cui i cittadini eleggono direttamente il presidente, lei pensa che sia inevitabile sciogliere il Comune di Bologna?

«Non c’è alternativa, è l’unica condizione per non avere due sindaci contemporaneamente. Questo è anche l’unico modo per eliminare un livello: tra quartieri, Comune e Provincia, rimarrebbero solo quartieri e città metropolitana. Del resto l’elezione diretta è possibile ma al termine di un percorso, che non potrà probabilmente essere concluso nel 2016, al termine del primo mandato di Merola. Si può pensare di farlo per il 2019».

sabato 12 aprile 2014

Un po’ di conti sul terzo valico

 
Per il cosiddetto terzo valico siamo ancora in attesa che il ministero diffonda un’analisi costi-benefici ufficiale. Nel frattempo, un esercizio indipendente dà risultati nettamente negativi, anche con ipotesi molto ottimistiche sia sui costi che sull’evoluzione dei traffici di merci e passeggeri.
L’ANALISI CHE NON C’È
Per uno dei grandi progetti ferroviari oggi in costruzione – il cosiddetto terzo valico della linea Tortona/Novi Ligure-Genova – non è stata presentata alcuna analisi economica, almeno a quanto ci risulta, e nemmeno è stata realizzata una molto più semplice analisi finanziaria, che evidenzi il rapporto costi-ricavi per le casse pubbliche (presumibilmente più alti di quelli della Torino-Lione, essendo il progetto tutto italiano). Sull’opportunità di quest’opera, tra l’altro, più di una volta, e anche recentemente, lo stesso amministratore delegato di Fs ha espresso perplessità.
Ci è perciò sembrato utile realizzare noi un’analisi costi-benefici del progetto e qui di seguito ne presentiamo i risultati.

lunedì 7 aprile 2014

La città metropolitana di Genova sia una realtà inclusiva per il rilancio di tutti i suoi territori



La realizzazione della città metropolitana può essere una grande occasione di sviluppo socio-economico per i territori della ex provincia di Genova, molto dipende però da come verrà realizzata, nei fatti, la nuova entità che se saprà essere inclusiva e attenta alle varie realtà che la compongono potrà proporsi all'esterno come un territorio ricco di opportunità e attirare nuove imprese, creare occupazione e arrestare, finalmente, il declino che oggi la caratterizza.

L’iter legislativo sul riordino degli Enti Locali procede, pur con qualche tentennamento, verso la sua conclusione che prevede, ad oggi, l’operatività delle Città metropolitane  a partire dal 1 gennaio 2015.
Abbiamo spesso espresso dubbi e riserve sul processo attraverso il quale tale iter si è svolto, tuttavia non pare vano, a questo punto, impegnarsi con forza perché questa importante novità si realizzi (correggendo per quanto possibile i difetti che tutt’ora permangono) e si dia vita ad una entità territoriale in grado di cogliere significative opportunità di rilancio socio-economico.
E’ infatti ormai riconosciuto come le aree funzionali delle grandi città abbiano trasceso i confini amministrativi e fisici delle stesse, e come la qualità spaziale, economica, sociale ed ambientale degli agglomerati urbani dipenda dalla presenza di una governance metropolitana efficace.

Cominciamo con il dire che una città metropolitana ben funzionante dev’essere prima di tutto inclusiva: deve saper coinvolgere i propri cittadini in una visione condivisa del proprio futuro, esprimere una idea di sviluppo in grado di pervadere, a livello culturale e fattuale, tutti i segmenti della società. Solo le idee forti e largamente condivise hanno gambe sufficientemente robuste per attraversare i particolarismi, gli interessi privati, le lobbies di potere che frenano generalmente il cambiamento.

Uno dei pericoli che maggiormente dovrebbero essere scongiurati è indubbiamente quello della creazione di aree metropolitane che contengono al loro interno territori caratterizzati da squilibri  socio-economici che si approfondiscono invece di essere riassorbiti: ridurre gli squilibri tra centro e periferia, tra costa ed entroterra nel caso di Genova, è uno degli obiettivi prioritari per il successo della città metropolitana. E’ una idea che, promossa in forme di partecipazione attiva della popolazione coinvolta, può creare il necessario consenso attorno ad una operazione che, se condotta come una mera ridefinizione di confini e di competenze burocratico-amministrative, rischia di diventare l’ennesima occasione mancata.

Quali sono i fattori che, nel caso dell’area metropolitana di Genova, si possono individuare tra le cause che provocano divari e quindi squilibri al suo interno? Essi sono molteplici, e meriterebbero ben altra trattazione: ci limiteremo quindi a citarne alcuni, quali la diversa accessibilità agli impieghi e ai servizi da parte dei territori più interni o più lontani dal capoluogo, le difficoltà orografiche e geografiche tipiche della Liguria, la scarsa propensione all’innovazione tecnologica che si riscontra nel tessuto economico, che permane assai fragile specie nelle aree al di fuori del capoluogo, lo spezzettamento della governance territoriale e dei servizi pubblici tra una miriade di competenze locali.

Quest’ultimo, in particolare, è un fattore particolarmente critico, perché se è vero che sono necessari e auspicabili diversi livelli di governo (comunale, di area vasta/metropolitano, regionale e nazionale), essi devono per sviluppare azioni davvero utili e innovative mettere in campo azioni sinergiche anche per coinvolgere ulteriori soggetti, pubblici e privati, nazionali ed europei ampliando le potenziali risorse impiegate in tali azioni e progetti di sviluppo.
Occorre che tutti i principali attori politici e amministrativi cooperino attivamente per affrontare temi quali l’erogazione dei servizi pubblici metropolitani, le disuguaglianze, la sicurezza, l’economia, la messa a sistema delle potenzialità territoriali, per dar vita a politiche di sviluppo urbano equilibrato, entro un quadro di pianificazione e governance metropolitane.


L’area metropolitana di Genova, in particolare, dovrà sviluppare sinergie tanto al suo interno, quanto all’esterno del proprio territorio, proponendosi nei due casi quale punto di snodo delle due dimensioni, locale e sovra-nazionale. 

Per quel che riguarda le sinergie da sviluppare al proprio interno, direi che il tema di fondo riguarda proprio la creazione di condizioni tali da offrire a tutti i suoi cittadini uguali opportunità: migliorando la qualità della vita delle popolazioni più deboli soprattutto tramite l’erogazione di servizi efficienti, investendo nella formazione dei giovani e dei lavoratori, promuovendo iniziative economiche che siano efficaci “volani” di sviluppo sostenibile e di creazione di lavoro.

Se l’azione di contrasto delle disuguaglianze sarà efficace, produrrà una migliore redistribuzione del reddito e delle opportunità, oltre che una diminuzione delle criticità che hanno spesso alti costi sociali ed economici (congestione, inquinamento, disagio sociale, micro-criminalità, ecc.). 

Per quel che riguarda, poi, le alleanze strategiche “esterne”, particolare rilievo assumono le cosiddette “reti di aree metropolitane”, perché costituiscono il terreno ideale di condivisione delle esperienze più innovative in campo internazionale. Tale modalità di raggruppamento si inserisce pienamente, peraltro, nell’ottica adottata dall’Unione europea per l’erogazione di fondi strutturali. 

Genova e il suo territorio, nonostante le difficoltà dovute alla logistica e alla geografia, possono nondimeno giocare un ruolo importante a livello internazionale se sapranno opportunamente cogliere questa occasione fornita dall’entrare nel gruppo delle città metropolitane, e in particolare se sapranno sviluppare una visione condivisa circa il cammino da intraprendere.





venerdì 4 aprile 2014

DDL Delrio approvato alla Camera: parte la riforma degli Enti Locali, in attesa della modifica Costituzionale

Approvato ieri alla camera il testo di legge licenziato dal Senato: di seguito una rassegna stampa sull'argomento.

Il Secolo XIX - Svuota province, è legge. Ecco le città metropolitane

Il Corriere Mercantile - Città metropolitane, si parte

La Stampa - Passa il DDL Delrio, le province cambiano

La Repubblica - Province, addio a metà. Cambiano nome ma aumentano i compiti

Il Corriere della Sera - Province svuotate. Ecco città metropolitane e assemblee dei sindaci

Il Sole 24 Ore - Dal 2015 le Province si svuotano



Gestione diretta dell'acqua pubblica: entroterra perplesso

Non sono poi così tanti i piccoli comuni interessati a farsi nuovamente carico, autonomamente, della gestione del ciclo integrato delle acque...un assaggio di come una gestione territoriale più ampia (vedi città metropolitana) sia anche conveniente per le piccole realtà?

Con il DDL Delrio unioni tra Comuni con limiti flessibili

Sono state ampliate le scelte rimesse all'autonomia dei Comuni tramite lo strumento dello Statuto. 
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Città metropolitana: per Mario Chella il Tigullio rischia la sua autonomia

Dal 1 gennaio 2015 entrerà a regime la Città metropolitana di Genova, ed ecco che immancabilmente si levano gridi di allarme dai territori che vedono minacciate le proprie prerogative. Ma davvero si deve temere la venuta della città metropolitana? I rischi sono davvero più dei possibili benefici? La nostra posizione è da tempo nota, e sosteniamo che la città metropolitana è l'occasione per superare le frammentazioni e le debolezze tipiche dei singoli comuni del Tigullio per dare vita ad un soggetto che non dimentica e non soffoca le peculiarità, ma le sa mettere in rete creando un sistema più forte e con un peso maggiore a livello economico e politico, un soggetto in grado di sostenere con successo le sfide sociali ed economiche che oggi si svolgono a livello globale.

Pensiamo sia giusto tuttavia dare spazio anche ad opinioni contrarie, per questo pubblichiamo questo articolo.