a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

mercoledì 26 ottobre 2016

Austin, Texas – Genova, Nord Ovest Italia

Un reportage da Austin, Texas, che ci invita a riflettere sulla nostra realtà locale, senza che ciò debba stupirci: come Calvino fa dire da Marco Polo a Kublai Kan: "Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia."
di Andrea Pasetti

Grattacieli a downtown

Immagino la faccia incuriosita dei lettori di questo articolo che si stanno chiedendo cosa mai abbia spinto l’autore, fin dal titolo, ad accostare realtà che sembrano inaccostabili: Austin, la capitale dello Stato federale del Texas – the Lone Star State, negli USA, e Genova, la città e l’area metropolitana dove viviamo.
Perché mai Austin, una città nata nel 1839, adagiata su una pianura appena increspata da basse colline, che non si specchia nel mare ma in una grossa pozza d’acqua che hanno deciso di chiamare lago, dove si immagina ancora andassero ad abbeverarsi le mandrie governate da prodi cow boys, è stata scelta come pietra di paragone con la nostra città?
E poi quello strano riferimento al Nord Ovest dell’Italia dove mai vorrà andare a parare? Vuole forse segnalare che in una dimensione globale la nostra “ligurietta” non ha chances e che occorre necessariamente collocarsi in una situazione macroregionale?
Tutto parte da un viaggio e dalla suggestione di uscire dalle rotte abituali per esplorare nuovi mondi, come tanti anni fa fece Cristoforo Colombo, grande concittadino che possiamo definire metropolitano non solo per il suo atteggiamento da autentico pioniere delle relazioni globali, ma anche perché, unico uomo al mondo, è stato dato alla luce in più luoghi: non solo Genova, ma anche – chiedete a chi abita lì! – Cogoleto, Terrarossa Moconesi e Cuccaro Monferrato; insomma tutte le zone dell’area metropolitana genovese sono rappresentate: centro, levante, ponente e persino l’entroterra alessandrino in previsione di futuri sviluppi territoriali. Più cittadino metropolitano di così …!
Quindi, cari lettori, volete immaginare di fare un viaggio – lampo e scoprire se questa realtà urbana ha qualcosa di interessante per noi cittadini metropolitani genovesi?
Anche Austin, come Genova, è una città metropolitana: la città conta 931 mila abitanti circa e l’area metropolitana supera di poco i due milioni. A differenza di Genova, Austin è in costante crescita demografica; fino all’ultimo decennio del secolo scorso la popolazione austiniana era inferiore a quella genovese, ma già nell’anno 2000 la superava, con più di 670 mila abitanti contro i circa 650 mila di Genova.
Per quanto riguarda l’economia, il contesto è ovviamente del tutto diverso: agricoltura, petrolio, industria aerospaziale, ICT sono i settori trainanti. Tuttavia forse non tutti sanno che in Texas sono altre le città dove si concentrano i settori tradizionali, mentre Austin è soprattutto sede di grandi servizi (pubblica amministrazione, università, ospedali, ecc.), ma anche il luogo dove si è sviluppato un grande distretto industriale conoscuito come “Silicon Hills”, che compete ormai con la celebre “Silicon Valley” californiana nella produzione di hardware, software e semiconduttori, e che ha fatto diventare l’area metropolitana di Austin uno dei più grandi centri al mondo nell’ high tech.
Volendo fare un paragone con Genova è come se da noi il grande sogno dei pianificatori di realizzare un distretto di alta tecnologia (prima Campi, poi Erzelli, …) si fosse effettivamente avverato, e questi insediamenti fossero diventati un solido motore di sviluppo, attraendo investimenti, risorse, intelligenze da tutto il pianeta.
Per chi pensa a Genova come porta dell’Europa sul Mediterraneo, come gateway city tra economie e culture diverse, il paragone con Austin può fornire qualche ulteriore suggestione.
Austin non è sul mare ma, in un certo senso, è anch’essa una gateway city, una porta tra l’economia più ricca al mondo e il centro e sud America. In particolare il Texas è Stato di confine con il Messico e, al di là delle barriere, sia quelle esistenti sia quelle che qualcuno vorrebbe ulteriormente innalzare, la comunità messicana è molto presente ad Austin.
Se giri per Austin trovi molti luoghi dove la cultura messicana esprime i suoi valori: non solo centri culturali, musei, scuole, asili, centri servizi, ma anche ristoranti, locali con musica dal vivo, nomi di importanti arterie stradali a downtown, che dimostrano che cosa in concreto significa il contatto tra culture diverse, che coinvolge certamente interessi economici, ma soprattutto occasioni di scambio di stili di vita, di lingue, di suoni, di sapori.
La mobilità a Austin si basa principalmente su un’imponente rete di strade ed autostrade che attraversa e connette l’intera area metropolitana; spesso ai lati delle highways si trovano strade di servizio urbano che mediano i flussi di traffico di transito con  quelli di penetrazione verso i quartieri residenziali, i distretti produttivi ed i centri commerciali: qui lo spazio non manca e le risorse per le infrastrutture neppure e tutto il sistema, in effetti, sembra funzionare. Tuttavia, se si vanno a leggere gli obiettivi dell’autorità pubblica in merito alla mobilità, si scopre che le priorità sono quelle di non sviluppare ulteriormente questa rete ma di incentivare il trasporto pubblico, limitando ulteriore consumo di suolo.
State highway 130

Per chi si occupa di pianificazione territoriale e strategica la consultazione della pagina http://www.austintexas.gov/department/draft-long-range-cip-strategic-plan nel sito ufficiale della Città di Austin è fortemente raccomandabile. Non si tratta ovviamente di “copiare” strategie e obiettivi, sia perché i contesti sono radicalmente diversi, sia soprattutto perché ogni città metropolitana nel mondo ha un suo proprio inconfondibile carattere che la rende attrattiva rispetto alle altre e quindi i progetti per il futuro di queste città devono nascere come espressione di questa diversità; la lettura dei piani di Austin è interessante per due motivi. Il primo riguarda il metodo con il quale sono stati predisposti: una larga partecipazione di tutte le forze sociali, economiche e culturali ed il coinvolgimento di tutte le organizzazioni che erogano servizi collettivi. Il secondo è la capacità di affrontare tutti i temi che riguardano la vita quotidiana delle persone inserendoli in una prospettiva di medio – lungo periodo.
Si tratta insomma di un progetto collettivo per il territorio metropolitano dotato nello stesso tempo dei requisiti di concretezza per quanto riguarda gli strumenti da utilizzare e di visione del futuro per quanto riguarda gli obiettivi essenziali. Una visione ottimistica, coinvolgente e quindi distante dal mugugno inconcludente e autoreferenziale che spesso accompagna i nostri ragionamenti sulla realtà genovese e, in questo senso, forse, è una lezione da imparare.
Un ultimo consiglio per chi volesse andare a verificare di persona lo stato e le prospettive di questa città: Austin è una città con una buona dotazione di spazi verdi ed i parchi urbani e periurbani sono molto frequentati da una popolazione tendenzialmente più sportiva e salutista che nel resto del Texas; anche a downtown, fra i grattacieli, è presente un’area verde, un grande prato, dove vi consiglio di passare al sabato mattina.
Ai margini del prato troverete, incredibilmente, una serie di banchetti che vendono prodotti agricoli locali e sul prato organizzazioni non profit curano la realizzazione di giochi collettivi per i bambini. Questa capacità di vivere gli spazi urbani e di realizzare occasioni di incontro e di gioco collettivo mi sembra sia una cifra interpretativa dell’intera realtà metropolitana di Austin.
Mercatino a downtown


Bene, il nostro viaggio è finito ed è ora di tornare a casa: vogliamo provare tutti insieme a costruire un nuovo progetto per Genova metropolitana, che ci faccia uscire dal declino e dia qualche speranza alle giovani generazioni, invogliandole a rimanere e crescere restando ben collegati con l’Europa e il mondo intero?

domenica 9 ottobre 2016

Senza soldi e senza poteri il fantasma Grande Milano

Le elezioni della Città Metropolitana avvengono mediante il voto dei consiglieri comunali e anche per questo appaiono quasi in semi-clandestinità...probabilmente c'è molto da cambiare per far funzionare davvero questi nuovi enti che tanto hanno promesso ma che sembrano il fantasma di se stessi.

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mercoledì 24 agosto 2016

Centro e periferia: una riflessione di Andrea Pasetti



Andrea Pasetti prendendo spunto da un precedente articolo propone alcuni temi di stretta attualità: l'interdipendenza tra la grande città e il suo territorio (area vasta) e il concetto di "contaminazione" che potremmo anche tradurre con "mescolanza": di culture, di punti di vista, di opportunità di vita.

di Andrea Pasetti *

L’articolo su “Centro” e “Periferia” della città è molto stimolante perché ci obbliga ad uscire dalla nostra pigrizia intellettuale che ci impedisce di considerare i fenomeni urbani nella loro vera natura, ed a guardare all’attuale realtà urbana secondo nuove prospettive.
Da troppo tempo l’urbanistica è vista come un insieme di regolette per realizzare singole operazioni edilizie e non come il progetto generale della città e questa miopia ci impedisce non solo di comprendere il modo in cui le diverse parti della città si relazionano tra di loro, ma anche di capire quale futuro stiamo costruendo per noi e per le generazioni future.
Per proseguire il filo dei ragionamenti proposti da Sonia Zarino, propongo due ulteriori spunti.
Il primo riguarda il concetto di interdipendenza: città e area vasta che ad essa fa riferimento vivono insieme e condividono buone e cattive sorti.
Nelle città antiche, dove la “periferia” coincideva con la cinta muraria, un ricco contado faceva ricca anche la città; nel caso di Genova, proiettata sul mare più che su un entroterra montano, il contado era in gran parte costituito dai collegamenti marittimi con i ricchi porti del Mediterraneo.
La regola vale anche oggi: una città o un singolo Comune che pensino di bastare a sé stessi senza curarsi di chi sta intorno a loro o che perseguano il malvagio obiettivo di scaricare sui propri vicini le negatività che non si riescono a risolvere in casa, sono destinati inevitabilmente al declino.
Un esempio positivo di integrazione tra area densamente insediata e area vasta di riferimento è Stuttgart, dove convivono mirabilmente residenza, industria, spazi verdi, cultura, agricoltura, infrastrutture e servizi in un’area metropolitana allo stesso tempo integrata e diversificata.
Il secondo spunto di riflessione riguarda il concetto di contaminazione: centro e periferia sono false rappresentazioni della realtà che servono soprattutto a erigere muri e a difendere privilegi.
Privilegi di chi abita “in centro” (ma c’è sempre qualcuno che abita più in centro di me) che non vuole confondersi con chi abita "nelle periferie” (ma c’è sempre qualcuno che abita in periferie peggiori della mia).
Ebbene la storia ci insegna che la vita si genera solo se ci lasciamo “contaminare” dagli altri, pur rimanendo profondamente noi stessi. Nelle grandi aree urbane l’integrazione sociale, ma anche la creazione di reti di servizi e di opportunità estese all’intera area vasta, sono la condizione essenziale per dare vita al sistema e attrarre nuovi cittadini.
Tra gli esempi che si possono citare ci sono certamente Londra, considerata la città più cosmopolita al mondo e Stockholm, che da parecchi anni sta conducendo politiche di armonizzazione nella sua area metropolitana.

*rappresentante dell'INU Liguria

domenica 21 agosto 2016

“Centro” e “Periferia”: due concetti non solo spaziali

di Sonia Zarino

I concetti di “centro” e di “periferia” sono da sempre associati ad una loro rappresentazione spaziale. Già il loro etimo[1], del resto, affonda le radici nella geometria elementare: la parola centro deriva da kéntron, ossia “punto”, riferito alla punta del compasso che segna il centro della circonferenza, mentre periferia deriva da perì, ossia “intorno” e phèreia, dal verbo phèrein  “portare”, descrivendo in questo modo l’atto di curvare e chiudere una linea definendo, così, uno spazio. Se immaginiamo che la figura inscritta entro questa linea curva sia una circonferenza, ecco che la relazione tra centro e periferia appare geometricamente individuata, poiché il raggio della circonferenza è la distanza che separa le due entità.

La circonferenza ed il centro si prestano a rappresentare quella che è stata per lungo tempo la forma urbana, dal villaggio fortificato in poi: un insieme denso di edifici nettamente separato dal resto del territorio da un perimetro chiuso, costituito per lo più da mura, al cui interno era possibile individuare una zona centrale che ospitava le funzioni più importanti e collettivamente significative: la piazza, il mercato, il tempio, e così via.

Se pensiamo alle numerose rappresentazioni delle città che gli antichi cartografi hanno realizzato nei secoli scorsi, possiamo agevolmente verificare quanto sopra affermato: la città è tale proprio perché la sua forma la separa nettamente dal contado rurale. Essa è un punto di aggregazione socio-economica dove i prodotti del territorio circostante vengono venduti e scambiati con altri prodotti e servizi, generando una economia mercantile del tutto distinta da quella rurale, seppure con essa fortemente collegata, che promuove e diffonde modelli culturali peculiari dell’ambiente urbano[2].

Quando, già alla fine dell’800, le città abbandonano la forma murata quale sistema difensivo, si assiste ad una progressiva espansione dell’edificato nel territorio circostante, e le città arrivano ad inglobare quartieri e borghi rurali in un continuum sempre più destrutturato. 

Ai giorni nostri, l’espansione urbana ha assunto forme per così dire patologiche, dilagando spesso in modo disordinato sui contesti rurali, distruggendo identità e trame territoriali che si erano fin qui conservate e davano vita ad una pluralità di paesaggi di alto valore oramai fortemente compromessi da interventi edilizi omologanti e di nessuna qualità.
Termini quali “centro” e “periferia” non sono più applicabili spazialmente, come in passato, quando si potevano correttamente utilizzare in riferimento alla città storica. E’ venuto meno il margine che definiva l’interno della struttura urbana rispetto all’esterno rurale, si sono affermate nuove polarità “concorrenti” rispetto a quelle tradizionali che hanno perso la loro univocità.

E’ emerso così  il concetto di città “policentrica” dove il sistema urbano si scompone in una serie di centri tra loro interconnessi anche grazie alle reti di trasporto pubblico e privato che hanno di fatto “avvicinato” luoghi che in passato erano percepiti come entità ben separate e distinte. 

Lo spazio periferico è diventato lo spazio interstiziale tra questi centri in grado ormai di calamitare l’interesse culturale, economico, amministrativo della società moderna. Le grandi città sono caratterizzate da questa struttura “spugnosa” dove il “pieno” delle aree vitali e ricche di attività si alterna al “vuoto” delle zone dismesse, degradate e quindi periferiche. Un vuoto, si badi bene, non necessariamente fisico, perché in moltissimi casi trattasi di aree costruite, e successivamente svuotate di funzioni e abbandonate a se stesse.

E’ evidente che descrivere il centro e la periferia nel modo in cui il loro etimo suggerisce appare oggi non più pertinente, e occorre quindi analizzare cosa caratterizza le due entità, cosa ce le fa istintivamente riconoscere al di là della loro collocazione spaziale.

Centro vs Periferia: vecchie e nuove antinomie

In quale modo possiamo, oggi, analizzare il significato di parole come “centro” e “periferia”? Il metodo da noi proposto è quello di indagare quali concetti comunemente, al giorno d’oggi, vengono associati ai due termini, nel tentativo di giungere ad una definizione che prescinda dal dato puramente spaziale, che abbiamo visto non essere più sufficiente.

Proponiamo qui una scelta di questi concetti, non pensando sia esaustiva: la proponiamo quale griglia concettuale utile per sviluppare un’immagine diversa attorno al binomio “centro-periferia”, un’immagine che si arricchisce di elementi sociali, economici, etici, estetici, sensoriali e che aiuta, pensiamo, ad avere una visione non più solo “bidimensionale”, geometrica, ma che trae da punti di vista molteplici gli elementi per ricostruire e analizzare il funzionamento dei fatti urbani. 

CENTRO
PERIFERIA
positivo
negativo
sicurezza
insicurezza
benessere
disagio
ricchezza
povertà
occasioni
esclusione
integrazione
ghettizzazione
varietà
monotonia
cura degli spazi
degrado degli spazi
densità
diradamento
identità
alienazione
 

Proviamo a pensare, facendo ricorso magari alla nostra esperienza personale, ad un luogo considerato come “centrale” di una città e ad un altro considerato quale “periferico”. Già in partenza dire che un luogo è centrale o periferico implica spesso un giudizio di valore, positivo nel primo caso e negativo nell’altro. Il motivo per cui ciò avviene è determinato da diversi fattori: ad esempio, quando ci troviamo in zone che percepiamo come centrali avvertiamo, nel complesso, un senso di sicurezza[3] : essere in luoghi frequentati a tutte le ore del giorno e della notte è sicuramente più rassicurante rispetto al trovarsi in luoghi dove la presenza di altri cittadini è più scarsa, e che percepiamo anche per questo come periferici; 

L’essere in una zona centrale, ci dà un senso di benessere dovuto anche alla possibilità di accedere facilmente alle molte opportunità di lavoro, e di svago, ai servizi pubblici, e così via, diversamente a quanto accade per chi si trova in zone desolate e senza vita, che sperimentano così varie forme di disagio, da quello socio-economico a quello culturale.
Notiamo, per inciso, come già in questi primi casi tali antinomie siano completamente svincolate dall’aspetto spaziale, ovvero non si riferiscono necessariamente ad aree collocate geograficamente  ai margini dell’entità urbana considerata.

Le aree centrali presentano di norma valori immobiliari più elevati, e anche il costo della vita è maggiore, ciò che segnala di norma status sociali corrispondenti di coloro che abitano in tali zone. Esse sono inoltre anche più ricche di servizi e di attrezzature collettive (es.: parchi, giardini, musei, biblioteche, teatri, ecc.). 

Quelle centrali sono inoltre aree dove vi sono maggiori opportunità di scambio e di incontro: per stringere amicizia, per fare affari, per ottenere un lavoro. Le aree periferiche sono all’opposto molto più povere in termini di occasioni di questo genere, ed ospitano spesso categorie deboli che per qualche motivo risultano escluse dai flussi sociali più dinamici.
Le maggiori opportunità date dalle aree centrali sono inoltre riscontrabili in molti altri campi: nell’offerta culturale, nell’accesso ai servizi (pubblici e privati), nell’accesso alle reti di comunicazione fisiche e immateriali. 

Questo ha una diretta conseguenza sulle maggiori o minori possibilità di integrazione. Se nei quartieri centrali sono la ricchezza e varietà di occasioni di scambio a favorire l’integrazione e la condivisione di valori, nelle aree periferiche all’opposto si nota una certa tendenza alla segregazione per gruppi chiusi su basi etniche, religiose, ecc.

La varietà è un altro aspetto che nelle aree centrali trova la sua realizzazione: varietà e mescolanza nelle forme edilizie, nelle funzioni, nelle proporzioni urbane e nei ceti sociali. In queste aree la vita scorre e pulsa ad ogni ora del giorno e della notte. Le aree periferiche al contrario sono spesso caratterizzate da una monotonia tanto formale quanto funzionale: si pensi ad esempio ai quartieri “dormitorio” o alle grandi concentrazioni commerciali, la cui vita è limitata alle ore dello shopping. Seguendo questa metodologia, tuttavia, appaiono periferici tanto alcuni noti quartieri popolari quanto i sobborghi di lusso dove le ville si susseguono isolate e quasi barricate nei loro rigogliosi parchi e giardini.

Le zone centrali sono identificabili anche per l’aspetto particolarmente curato e ordinato, dotate di attrezzature pubbliche (giardini, piazze, illuminazione, ecc.) mentre le aree periferiche hanno spesso un aspetto trasandato e inospitale, con attrezzature pubbliche carenti o inesistenti dovute spesso a fenomeni di vandalismo.


Le zone centrali sono  inoltre caratterizzate da una notevole densità del tessuto edilizio, che presenta una struttura ben riconoscibile e una gerarchizzazione tra le varie componenti (gli spazi pubblici, i vari tipi di tessuto residenziale, gli edifici specialistici, ecc.), mentre le zone periferiche, specie di recente insediamento, si presentano di norma composte da elementi edilizi incapaci di instaurare un dialogo con quelli circostanti, e sono edifici che sembrano perdersi in spazi vuoti che non creano identità ma alienazione.

Uno spazio è in definitiva centrale o periferico non solo e non tanto in virtù della sua collocazione spaziale all’interno di un tessuto urbano, ma anche a seconda che presenti quelle caratteristiche (tutte o in parte) che abbiamo elencato. Analizzare i diversi livelli di “centralità” o di “perifericità” può aiutare a capire i meccanismi che ne determinano l’insorgenza e di conseguenza porre in atto opportune azioni correttive, che necessiteranno di volta in volta di diverse competenze (urbanistica, sociale, economica, ecc.) nell’intento di diminuire le aree di disagio e di depauperamento territoriale  e socio-economico.





[1] Cfr. Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana - http://www.etimo.it/
[2] Emblematico il caso di Roma, il cui nucleo primigenio è da collocarsi nell’area  dell’attuale Foro Boario, sede di  scambi commerciali sin dalla fine dell’VIII secolo a.C.(Cfr. F. Coarelli, I santuari, il fiume, gli empori, vol. 13, pp. 129-134).
[3] Cfr. J. Jacobs, Vita e morte delle grandi città - Einaudi